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Il presente capitolo tratta della mobilità del linguaggio rivoluzionario, non solo dal punto di vista dei suoi contenuti ma anche dei suoi spostamenti geografici e delle sue trasformazioni. Si basa sul lavoro portato avanti dal gruppo di ricerca del progetto ‘Radical Translations: The Transfer of Revolutionary Culture between Britain, France and Italy (1789-1815)’, finanziato dall’AHRC nel Regno Unito. Nell’ambito del progetto abbiamo identificato circa 1000 traduzioni risalenti al periodo rivoluzionario e abbiamo tracciato con metodi prosopografici i profili di circa 500 traduttori, al fine di ricostruire i percorsi di scambio delle idee radicali nel periodo rivoluzionario. In molti casi si tratta di traduzioni dall’alto valore performativo, composte da traduttori che ambivano ad inserirsi in un discorso transnazionale sulla rivoluzione che andava in quel momento formandosi e a cui i traduttori intendevano dare una direzione particolare. L’atto di tradurre diventava, quindi, un modo per stabilire reti di solidarietà internazionale e prendere parte ad un dibattito internazionale non scevro da disaccordi e competizioni. Questo corpus di traduzioni rappresenta una fonte importante e finora in gran parte trascurata dagli studiosi. Non solo offre informazioni sulle modalità in cui la lingua rivoluzionaria della libertà e dell’eguaglianza fu estesa a nuovi contesti ma anche sulle reti di rapporti sociali e politici in cui operavano i traduttori.

Ricostruire la capacità della traduzione di intervenire sulla realtà storica pone alcuni problemi di natura metodologica. L’invisibilità del traduttore è diventata ormai proverbiale nell’ambito dei translation studies. In più, il mondo dei traduttori radicali è rimasto nell’ombra per ragioni specifiche. Alcuni traduttori ricoprivano ruoli pubblici di primo piano, come nel caso di Thomas Jefferson, il cui lavoro di traduttore è stato eclissato dalle sue altre pubblicazioni più famose. Altri traduttori che godevano di ampia notorietà, come ad esempio Mirabeau, usavano la traduzione come schermo o maschera. Ma nella maggior parte dei casi i traduttori non si firmavano o usavano uno pseudonimo, per timore di ripercussioni o al contrario perché la loro identità era già ampiamente nota.

Una delle difficoltà incontrate dal progetto, dunque, è stata quella di attribuire ad un autore un gran numero di traduzioni anonime o pseudonime che circolavano durante il periodo rivoluzionario. Per far ciò abbiamo integrato la ricerca bibliografica sulle traduzioni con una ricerca prosopografica sui traduttori e i loro circoli sociali. Anche se per certi aspetti la prosopografia si avvicina alla teoria dei networks, si tratta in realtà di una metodologia distinta, che si dedica ad individuare le caratteristiche comuni a gruppi di persone quando mancano dati sufficienti per ricostruire le biografie dei singoli individui. Come spiego in questo contributo, il metodo prosopografico si è rivelato particolarmente utile per descrivere la complessità di un ‘movimento plurale’ quale fu quello rivoluzionario, che comprende sia un nucleo centrale di attivisti impegnati che un’estesa zona grigia di figure coinvolte in maniera sporadica o parziale.

La durata variabile, in molti casi persino effimera, di alcune di queste reti sociali (e delle loro produzioni testuali), crea essa stessa dei problemi di traduzione. Certamente un ‘radical’ inglese è altro rispetto a un giacobino francese o a un patriota italiano. In più, nel corso della rivoluzione, il contrasto tra identità politiche ‘autoctone’ e altre ‘importate dall’estero’ fu profondamente sentito dai rivoluzionari stessi e divenne un tema chiave per molte traduzioni. Per meglio comprendere le interazioni, influenze e trasformazioni reciproche tra tali movimenti distinti ma collegati tra loro, è necessario osservare come vari individui e gruppi si unirono al processo rivoluzionario e poi lo abbandonarono in momenti diversi, contribuendo, tuttavia, nel loro insieme alla costruzione di un discorso comune, anche se variegato, sulla rivoluzione.

Lo studio delle traduzioni è una risorsa importante in questo contesto di ricerca. Studi recenti hanno preso le distanze dall’idea di ‘influenza’ per mostrare come la traduzione apra orizzonti di ricezione molteplici e lontani nel tempo e nello spazio. Questo mette in evidenza l’importanza di aporie e resistenze per comprendere come funzioni in pratica l’influenza culturale. Tuttavia, le rivoluzioni seguono percorsi temporali a loro propri. Per tener conto di questo, nel nostro progetto abbiamo correlato il corpus di testi in traduzione con cinque cronologie di eventi politici relativi a Gran Bretagna, Irlanda, America, Francia e Italia. Non si tratta di cronologie standard ma di eventi selezionati in base alla loro rilevanza sia per l’attività di traduzione che per la storia rivoluzionaria (per esempio cambi di governo, controllo della stampa, eventi bellici). Mettere in relazione personaggi storici e i loro scritti con avvenimenti ad essi ostili ci permette di fare inferenze sulle ragioni di un rinnovato interesse verso la traduzione, sia come modalità di comunicazione diretta sia come manovra di copertura in cui un traduttore si ‘nasconde’ dietro un altro testo o autore.

In conclusione: le rivoluzioni sono spesso associate alla costruzione di ‘narrazioni ufficiali’ (master narratives). È mia intenzione dimostrare che, nonostante questo, le traduzioni fatte da attivisti siano da considerarsi più come ‘meta-asserzioni’ o ‘meta-narrazioni’ che uniscono in sé due o più cronologie. Capire il ruolo di queste meta-narrazioni è necessario per capire il doppio ruolo della traduzione come catalizzatore del taglio netto con il passato ma anche come fonte di autorità per il futuro.

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Référence électronique

Sanja Perovic, « Synopsis: La traduzione e il discorso transnazionale sulla rivoluzione: Per una storia critica del presente », Encounters in translation [En ligne], 1 | 2024, mis en ligne le 23 mai 2024, consulté le 27 juillet 2025. URL : https://publications-prairial.fr/encounters-in-translation/index.php?id=193

Auteur·e

Sanja Perovic

King’s College London, UK

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Traducteur·rice

Rosa Mucignat

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